Riflessioni sulla Shoah. La Giornata della memoria al “Ferraris”
Per celebrare la Giornata della Memoria, si è tenuto all’I.I.S.S. “Galileo Ferraris” di Molfetta un incontro con l’associazione culturale Eredi della Storia e l’ANMIG (Associazione nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra), con l’intervento del giornalista e scrittore Renato Brucoli e di Sergio Ragno, presidente Eredi della Storia.
Ad aprire l’incontro i rappresentanti dell’istituto molfettese: “Noi giovani abbiamo una grande responsabilità, la responsabilità di ricordare, la responsabilità di accettare queste orrende verità che abbiamo ereditato dalla nostra storia, e grazie a queste, acquisire quella consapevolezza necessaria per non commettere quegli errori. Come disse Primo Levi, che è stato uno scrittore sopravvissuto all’olocausto: “Se è successo, vuol dire che può succedere ancora”.
Nel ricordare il campo di concentramento di Auschwitz, Renato Brucoli, nel suo intervento, ha riferito i concetti espressi dal direttore di Auschwitz, Piotr Cywinski, tre parole chiave.
La Memoria: “Il significato più importante della memoria è di prolungare l’esistenza di coloro che non ci sono più – ha sottolineato il dott. Brucoli – Perché andiamo ad Auschwitz? Andiamo, perché abbiamo bisogno, noi e i nostri figli, di praticare la memoria per evitare duplicati”.
Il secondo concetto è quello della Consapevolezza: “La consapevolezza che si acquisisce ad Auschwitz” – ha proseguito Brucoli – è che bisogna, negli organismi sociali nei quali ci troveremo a vivere, adottare comportamenti di solidarietà umana, acquisire un senso di comunità che ad Auschwitz è andato completamente perduto”.
Terzo concetto, quello della Responsabilità: “Bisogna diventare dei testimoni non muti – ha dichiarato Brucoli – Ad esempio se noi, nella scuola, non prendiamo posizioni concrete a favore del ragazzo o della ragazza che viene insidiata da atteggiamenti di bullismo, che sono atteggiamenti discriminanti, sono atteggiamenti ingiusti, non abbiamo capito niente di Auschwitz”.
In conclusione, ha ricordato la figura di don Pietro Pappagallo, sacerdote nativo di Terlizzi, vissuto a Roma durante la seconda guerra mondiale, che ha praticato la salvezza di alcuni ebrei, senza proclami.
Un esempio da seguire come ha sottolineato Brucoli, che in chiusura ha lanciato un messaggio ai giovani: “Non bisogna fare proclami contro le dittature, non soltanto quelli. Cerca di porti a fianco di una persona che sta subendo materialmente il crimine”.
È seguito l’intervento di Salvatore Ragno che ha ricordato i reduci dei campi di concentramento.
Ha presentato la loro storia, una storia inedita, poco conosciuta, che però fa parte del nostro DNA. Partendo dal 9 settembre del 1943, ha raccontato cosa sia successo agli italiani, ai nostri soldati, ai tanti molfettesi che sono stati imprigionati nei campi di concentramento, le loro vicende.
Come ad esempio il salvataggio della comunità ebraica molfettese da parte dei marinai molfettesi come il motorista Giuseppe Raguseo, membro di bordo del peschereccio Nettuno e del parroco di San Domenico don Ilarione Giovine.
Al termine del suo intervento Ragno ha ricordato agli studenti: “I nostri anziani hanno detto mai più guerra, questo il messaggio importantissimo. Però voi dovete essere i testimoni di pace e non di parte, e presentare questa storia a 360 gradi. Cioè tutti quelli che furono colpevoli di questa storia devono essere identificati. Invece i testimoni di pace, come i nostri concittadini che salvarono tante persone, devono passare alla storia”.
A chiudere l’incontro un video di un molfettese che è riuscito a sopravvivere in quegli anni difficili che ha raccontato la sua storia.
Una bella iniziativa che ha lasciato un segno negli studenti dell’I.I.S.S. “Galileo Ferraris” così come evidenziato dai rappresentati dell’Istituto: “La necessità del ricordo non può essere messa in discussione, ricordare e far ricordare a tutti il dolore di milioni di vittime innocenti è un dovere di umanità. Faremmo un grave errore se considerassimo questo episodio solo un incidente della storia da mettere tra parentesi. La memoria non deve essere un monumento”.